La riforma della bioetica in Francia, parte II. La crioconservazione dei gameti.

La riforma della loi de bioéthique (legge di bioetica in Francia, che ho introdotto qui) è intervenuta su diversi aspetti legati alle biotecnologie riproduttive. Oltre alla fecondazione assistita per coppie lesbiche e donne single, un altro aspetto innovativo riguarda la crioconservazione [1] dei gameti maschili (spermatozoi) e femminili (ovociti). Si tratta di una tecnica in grado di preservare a bassissime temperature le cellule riproduttive e gli embrioni umani, al fine di poterli impiegare o trasferire nell’utero della donna in un momento successivo a quello di prelievo o creazione.

Nella storia della medicina, il primo successo registrato a seguito della crioconservazione degli ovociti umani è stato registrati nel 1986, a seguito della nascita del primo bambino sano [2]. La tecnica era stata inizialmente pensata per ovviare ai casi nei quali la fertilità fosse minacciata da patologie (riproduttive, oncologiche, etc.) o traumi e, conseguentemente, molti Paesi ne hanno vincolato il ricorso esclusivamente a simili scenari di prevenzione. Così era in Francia fino a prima della riforma di quest’estate, a partire dalla quale, invece, sarà possibile per donne e uomini accedere alla crioconservazione preventiva dei gameti, in vista di un futuro progetto genitoriale, anche in assenza di un quadro clinicamente accertato che infici la fertilità presente o futura (autoconservation des gamètes).

L’opportunità della crioconservazione detta “sociale” o “volontaria” rileva maggiormente per le donne, in quanto gli ovociti sono per ogni donna determinati nella quantità sin dalla nascita, a differenza degli spermatozoi, che vengono prodotti durante tutta la vita fertile maschile. Perciò la crioconservazione risulta essenziale quando un progetto genitoriale, specialmente femminile, debba, o voglia, essere rimandato nel tempo.

Nell’epoca precedente alla riforma, in Francia era possibile richiedere la crioconservazione dei gameti solamente se fosse sorta una condizione clinica rischiosa per la fertilità (patologia oncologica, traumatica, etc.) o la donna si fosse sottoposta al prelievo degli ovociti per poi donarli [3].

Dal punto di vista dei costi, la riforma dell’agosto 2021 ha stabilito che la stimolazione e il prelievo di gameti (maschili e femminili) saranno a carico della Securité sociale (il sistema pubblico di tutela delle persone dai “rischi sociali”, difficilmente traducibile in italiano in breve), mentre la crioconservazione non potrà essere né rimborsata, né compensata da nessun soggetto terzo (come il datore di lavoro) affinché si possano evitare coercimenti o pressioni in questo senso (art. L. 2141-12).

L’autoconservation des gamètes, detta anche “fertility insurance” (assicurazione sulla fertilità), è un trattamento sanitario originariamente concepito al fine di prevenire l’annullamento della fertilità in alcuni casi limite. Solo nell’ultimo decennio ha visto prevalere la propria dimensione sociale, trasformandosi in un meccanismo di preservazione della fertilità per circostanze personali (mancanza di un partner durante l’età fertile), sociali (precariato lavorativo) ed economiche (disponibilità finanziarie limitate) che costituiscono impedimenti per una gravidanza nell’età fertile. La diffusione del trattamento è positiva se si considera come opportunità, specialmente per le donne, di assumere scelte riproduttive, con l’aiuto delle biotecnologie, anche a fronte di condizioni negative in ambito personale, economico o sociale.

Occorre però riflettere sul dubbio in merito a quale tipo di libertà riproduttiva si concretizzi grazie all’autoconservazione: è eticamente sostenibile il ricorso diffuso a trattamenti ormonali e prelievi ovocitari, pesanti sul piano fisico e psicologico, a fronte di condizioni macroeconomiche, specialmente legate alle politiche del lavoro e del welfare, sulle quali sarebbe, probabilmente, più urgente intervenire?[5]


[1] La crioconservazione è un termine che descrive la procedura in cui le cellule (spermatozoi, ovociti, embrioni) vengono immerse in una soluzione di sali e composti organici (crioprotettore) e portate a temperature molto basse, fino alla conservazione a –196°C in azoto liquido.

[2] Chen C., Pregnancy after human oocyte cryopreservation, in Lancet, 1986, 1(8486), pp. 884-886.

[3] Frydman R., Les principaux points de la bioéthique encadrant la PMA, in B. Bévière-Boyer, D. Dibie, A. Marais (sous direction de), La Bioéthique en débat: le début de la vie, Paris, 2019, 29-30.

[4] Penna T., Il dono di capacità riproduttiva: la PMA con dono di gameti e la GPA negli ordinamenti francese e italiano, Torino-Napoli, 2020, 174-181 (disponibile qui).

La riforma della bioetica in Francia, Parte I. La “PMA pour toutes”.

Il 29 giugno 2021 l’Assemblée Nationale (il Parlamento francese) ha definitivamente approvato, con 326 voti favorevoli e 115 contrari, il progetto di legge in materia di bioetica. Si è trattato di un processo cominciato nel 2018 e che si è articolato in diverse fasi, anche fuori dalle aule parlamentari.

Una premessa è d’obbligo: in Francia le “leggi di bioetica” devono essere sottoposte a un vaglio periodico, affinché non trascorra un tempo eccessivo e le esigenze sociali siano frequentemente sondate e discusse. La prima legge francese di bioetica[1], del 1994, ha previsto quindi che ogni 7 anni si mettesse in atto una revisione della materia. Così è stato e nel 2018 sono iniziati i lavori preparatori, che prevedono anche, e soprattutto, la consultazione della società civile rispetto a temi quali fecondazione assistita, ricerca su tessuti ed elementi del corpo umano (es. embrioni), eutanasia, cure palliative, etc.

I lavori si sono rivelati piuttosto complessi, specialmente per gli interventi decisamente non progressisti proposti nelle letture del Senato francese. In ogni caso, la nuova legge è stata felicemente promulgata il 2 agosto 2021.

Quali sono le principali novità contenute? La prima, che i media impiegano ormai da qualche mese come sinonimo per indicare l’intera legge, è quella della legalizzazione della fecondazione assistita per coppie lesbiche e per donne single (PMA pour toutes – PMA per tutte). La novità, tanto attesa quanto prevista, dovrebbe permettere a migliaia di donne di non recarsi più all’estero alla ricerca di una gravidanza. Più rilevante è il risultato del riconoscimento legale delle famiglie arcobaleno composte da due mamme: prima della riforma, infatti, il riconoscimento del legame di filiazione (madre-figlia/o) non era prevista se non nei confronti della donna che avesse effettivamente partorito.  

La Procréation Médicalement Assistée pour toutes (PMA per tutte) è quindi il perno della riforma, anche perché ha implicato una radicale rivisitazione della funzione stessa della fecondazione assistita. Dal 1994 al 2021, infatti, la fecondazione assistita in Francia era prevista per «remédier à l’infertilité d’un couple ou d’éviter la transmission à l’enfant ou un membre du couple d’une maladie d’une particulière gravité»[2] (“risolvere l’infertilità di una coppia oppure per evitare la trasmissione al nascituro o a un membro della coppia di una malattia di una certa gravità”). La riforma cambia punto di visuale e prevede che la fecondazione assistita sia «destinée à répondre à un projet parental» (“funzionale a realizzare un progetto genitoriale”).

La differenza non è solo terminologica, né risulta di poco peso. Si tratta infatti di svincolare completamente la fecondazione assistita da una premessa patologica, dall’esistenza di un’infertilità biologica-organica, per ancorarla al semplice desiderio di realizzare un progetto parentale… al di là di malattie che affliggano la fertilità o della cosiddetta “infertilità sociale” (la constatazione per cui una coppia dello stesso sesso non possa riprodursi senza l’intervento di una terza persona e/o della scienza).

Come funzionerà nella pratica la PMA pour toutes? Innanzitutto sarà completamente rimborsata dalla Securité sociale (il sistema pubblico di tutela delle persone dai “rischi sociali”, difficilmente traducibile in italiano in breve): le coppie di donne e le donne single che si sottoporranno alle cure, potranno farlo presso gli enti pubblici a titolo gratuito (dietro rimborso). Inoltre la donna che partorirà, si vedrà riconoscere il legame filiazione a mezzo del parto (art. 311-25 Code civil – CC), mentre la partner attraverso una reconnaissance conjointe (riconoscimento congiunto) formulato in anticipo davanti a un notaio (futuri artt. 342-11 e 342-12 CC).

Infine, per tutelare i diritti dei bambini già nati all’estero negli anni passati da una coppia di donne, la riforma prevede che per i prossimi tre anni sarà possibile ricorrere a una reconnaissance conjointe anticipée anche per questi casi. Bambini e bambine spesso chiamati, dai media francesi, “bébés Thalys”, dal nome del treno (il Thalys) che connette Parigi, Bruxelles e Amsterdam. Il Belgio e l’Olanda, insieme alla Spagna, sono infatti le principali destinazioni delle coppie lesbiche, ma anche eterosessuali, alla ricerca delle cure per la fertilità per cui nei Paesi di origine le liste di attesa risultano eccessivamente lunghe.

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[1] Si tratta in realtà di un insieme di tre diverse leggI: la loi n° 94-548 du 1er juillet 1994 relativa al trattamento dei dati personali in ambito di ricerca medica[1], la loi n° 94-653 du 29 juillet 1994 in fatto di rispetto del corpo umano e la loi n° 94-654 du 29 juillet 1994 in materia di dono e utilizzo degli elementi e dei prodotti del corpo umano, di fecondazione medicalmente assistita e di diagnosi prenatale.

[2] Art. L. 2141-2 del Code de la Santé Publique (Codice della Salute Pubblica)

Il Senato francese frena sulla riforma: stop al doppio dono e all’autoconservazione di gameti.

[“French Senate, Main Assembly Hall” by Pierre Metivier is licensed under CC BY-NC 2.0 ]

Dopo un primo momento di palpabile entusiasmo rispetto alle posizioni del Senat in Francia, i sostenitori di una riforma più radicale del sistema bioetico hanno subìto una forte delusione. La maggioranza repubblicana ha infatti posto il veto su due grandi temi: da un lato il doppio dono di gameti, mentre dall’altro l’autoconservazione dei gameti.

Il doppio dono di gameti è un trattamento che consiste nel ricevere un dono sia di spermatozoi, sia di ovociti al fine di ottenere un concepimento. L’autoconservazione, invece, consiste nella scelta di crioconservare (“congelare”) spermatozoi od ovociti a prescindere dall’esistenza di un criterio patologico. In Francia, infatti, è possibile richiedere la crioconservazione soltanto quando la persona interessata sia affetta da una patologia che possa inficiarne la fertilità (come nel caso di patologie oncologiche che richiedano terapie chemio/radioterapiche).

Rispetto al doppio dono è cruciale ricordare come in Francia sia invece già possibile adottare un embrione, così come, in modo speculare, per una coppia è possibile dare in adozione un embrione (tra quelli c.d. soprannumerari, cioè creati nel corso di una PMA, ma non trasferiti nell’utero della donna). Va da sé che il legame genetico tra coppia adottante ed embrione è inesistente. Per questo le ferree opposizioni di alcuni senatori al doppio dono appaiono faziose e infondate.

Come nel caso del senatore Dominique de Legge (Les Républicains LR), che vede nell’apertura al doppio dono

« una rottura biologica » a fronte del fatto che « fino a oggi la legge vietava il doppio dono per far sì che il bambino sia sempre legato biologicamente almeno a uno dei due membri della coppia ».

Anche Bruno Retailleau (presidente del gruppo LR al Senat) ha sostenuto che

se il legame “di sangue” venisse eliminato, ciò “potrebbe porre delle gravi questioni” rispetto alla filiazione, nonché aprire a “innumerevoli possibilità”, allorché la legge mira a  “mantenere almeno un legame biologico tra bambino e genitori”.

Se alcuni senatori sembrano ignorare come anche nell’adozione di embrione (legale da quasi 10 anni in Francia) il legame genetico sia interrotto con entrambi i genitori, lo stesso non si può dire per la Ministra della salute, Agnès Buzyn. Quest’ultima ha ricordato come

« sia inevitabile constatare » che nei casi di doppia infertilità di coppia, le coppie
« non sono propense ad adottare un embrione provieniente da un altro progetto familiare » e che infatti solo « una ventina di bambini nascano ogni anno a fronte di 10.000 embrioni crioconservati ».

 

Per quanto riguarda invece l’autoconservazione dei gameti, in Senato nella giornata di giovedì 23 gennaio si è svolta una vicenda quanto meno singolare. In un primo momento i senatori si sono opposti all’eliminazione, dal progetto di legge, dell’articolo relativo all’autoconservazione, con 178 voti contro l’eliminazione, 109 a favore e 26 sostenuti. Successivamente, nel corso di un voto a scrutinio pubblico sull’articolo, 119 senatori hanno votato a favore e altri 199 contro. Questa perfetta uguaglianza ha comportato il rigetto dell’articolo. Inoltre, ben 24 senatori della République en Marche si sono astenuti, nonostante nella campagna elettorale del 2016-2017 il tema fosse stato ampiamente sostenuto dal partito di Emmanuel Macron.

In ogni caso, il dibattito al Senat si è concentrato su due filoni di pensiero tradizionali in relazione alla scelta di crioconservare i gameti, in assenza di una malattia che minacci la fertilità. Da un lato si sono alzate dunque le voci di chi si dichiara garante della libertà di scelta delle donne, mentre dall’altro dei detrattori della cattiva influenza della pressione sociale (specialmente subìta dalle donne che lavorano in aziende che scoraggiano la maternità).

La commissione speciale del Senato aveva inizialmente votato a favore dell’autoconservazione e la relatrice Muriel Jourda (Les Républicains) aveva sottolineato la sensatezza della riforma perché in sede di esame della proposta, nel dialogo con le associazioni di pazienti, era emerso come a richiedere l’autoconservazione fossero nella maggior parte dei casi donne in difficoltà a trovare partner pronti ad affrontare un progetto genitoriale.

La presidente del gruppo misto, Eliane Assassi, ha utilizzato invece toni più aspri e ha inteso mettere in guardia

« le persone che agiranno sotto la pressione della società, che veicola un obbligo alla maternità, perché non tutte le donne saranno appagate dall’aver raggiunto lo status di madri ».

Le questioni del doppio dono e dell’autoconservazione dovranno dunque tornare al vaglio dell’Assemblée Nationale, che si era espressa alla fine del 2019 a favore di entrambe le proposte.

 

PMA per le coppie di donne e le donne single: il Senato francese approva la proposta.

[“Miniflags” by DocChewbacca is licensed under CC BY-NC-SA 2.0 ]

Una prima tranche di lavori del Senato francese, sulla riforma della bioetica, si è conclusa mercoledì 22 gennaio in tarda serata. Intorno a mezzanotte c’è stata la conferma che il primo articolo del progetto di legge è stato approvato con 160 voti favorevoli e 116 contrari.

Il Senato ha quindi avallato la proposta dell’Assemblée Nationale, aprendo la strada alla

PMA per le coppie di donne
e per le donne single
(nota in Francia come PMA pour toutes)!

Agnès Buzyn, Ministro della salute in Francia, ha sottolineato come quest’apertura possa

« shockare qualcuno per delle ragioni culturali, ma essa non modifica i principi fondamentali delle nostre leggi in materia di bioetica, tra i quali rilevano il divieto di commercializzazione del corpo umano, la dignità del corpo umano e il dono su base altruistica ».

Contro questa parte della riforma si sono mobilitate una ventina di associazioni, allineatesi nei ranghi capitanati dalla Manif pour Tous, una lobby creata in Francia nel 2012, al fine di contrastare l’allora progetto di legge noto come Mariage pour Tous, poi approvato nel 2013. La Manif osteggia sistematicamente non solo il matrimonio omosessuale, ma anche qualsiasi forma familiare che non rientri nello schema eterosessuale tradizionale, giungengo a sostenere l’esistenza di un complotto a sostegno della diffusione dell’ “ideologia gender“. Domenica 19 gennaio a Parigi la Manif pour Tous, insieme ad alcune associazioni sue satelliti, è riuscita a radunare circa 40mila manifestanti al grido di: «PMA, GPA, on n’en veut pas» (opposizione assoluta a ogni forma di Procreazione Medicalmente Assistita e Gestazione per Altri).

Le voci contrarie si sono comunque levate anche in aula, dove Guillaume Chevrollier (Les Républicains) ha domandato ai colleghi:

« quale avvenire può prospettarsi per i bambini privati di un padre? ».

Anche Philippe Bas (Les Républicains) ha desiderato mettere in luce

« la spaccatura che si crea nella personalità in formazione di un bambino che diventa adolescente, che poi diventa adulto, quando questa mancanza che si crea in lui non riesce a trovare risposta ».

Non solo, perché il senatore Alain Richard (La République en marche, ma già Ministro della difesa negli anni ’90 tra i ranghi del partito socialista) ha dichiarato:

« io ho votato a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso perché reputavo utile, necessario, il riconoscimento sociale di altre coppie, ma non credo di poter votare a favore di un’evoluzione molto più profonda del genere umano, su cui, io ritengo, la ragione debba trattenerci».

 

In ogni caso il Senato francese ha rifiutato di includere la PMA pour toutes tra le prestazioni a carico del sistema sanitario pubblico (Sécurité sociale), al quale saranno addebitati esclusivamente i percorsi di PMA fondati su un criterio patologico. Criterio che il Senato ha voluto strenuamente mantenere anche per quanto riguarda la coppie eterosessuali, a differenza di quanto fortemente richiesto dal Governo. Quest’ultimo avrebbe infatti preferito cancellare l’esistenza di una patologia come elemento necessario all’accesso a un percorso di PMA.

La PMA pour toutes rientrava tra le promesse elettorali formulate tra il 2016 e il 2017 dal Presidente Emmanuel Macron, benché i tempi per la riforma si siano notevolmente dilatati rispetto alle previsioni iniziali. L’esame del Senato dovrà prendere in considerazione ben 275 emendamenti presentati negli scorsi giorni. Tra i temi più caldi rimarrà la questione del modo in cui stabilire il legame di filiazione tra la coppia e il/la bambino/a. Questione che si porrà anche rispetto alle coppie eterosessuali. Alla fine dell’esame del Senato, il progetto dovrà tornare al vaglio dell’Assemblée Nationale, che avrà l’ultima parola in materia.

 

 

 

Lo stupro come arma di guerra: perché la risoluzione ONU appena approvata è già stata indebolita?

Tra le accuse che più sovente vengono rivolte alle donne che militano e combattono per i propri diritti vi è quella di non essere mai contente.
Contente” nel senso etimologico più puro, dal latino “contentus”: pago, soddisfatto.
La realtà è che con altrettanta frequenza i diritti (non solo femminili) vengono depotenziati dalle fondamenta con quelle che vengono fatte apparire
come questioni di lana caprina.

L’esempio di oggi? La risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (ONU) in materia di violenza sessuale nel corso di conflitti. In particolare, la risoluzione ha come obiettivo quello di combattere lo stupro come arma di guerra. L’approvazione del documento è avvenuta con 13 voti favorevoli e 2 astenuti (Russia e Cina).

Di per sé la notizia dovrebbe rincuorare, per quanto i detrattori siano pronti a contestare come simili documenti finiscano con il rimanere per lo più programmatici e di poco impatto. Tuttavia negli scorsi giorni gli Stati Uniti avevano minacciato di porre il proprio veto sull’approvazione del documento. Perché? Perché i riferimenti agli “health services” (servizi sanitari) e alla “sexual and reproductive health” (salute sessuale e riproduttiva) avrebbero implicato inevitabilmente il ricorso all’interruzione di gravidanza per le donne vittime di stupro durante un conflitto. Implicazione che risulterebbe eticamente accettabile secondo i più e secondo chi scrive, ma che per gli Stati Uniti avrebbe avuto conseguenze inaccettabili.

L’avvocata per i diritti umani Amal Clooney, ha sottolineato al Consiglio di Sicurezza come gli Stati chiamati a votare

“debbano la risoluzione alle migliaia di donne e ragazze che hanno guardato i membri dell’ISIS radersi via le barbe e tornare alle loro routine di vita mentre le vittime non potranno mai farlo”

(qui trovate il video). L’avvocata ha parlato in rappresentanza delle vittime yazide di stupri perpetrati come armi di guerra, spronando a mantenere intatto il riferimento alla salute sessuale e riproduttiva. Insieme a lei si erano schierati anche i Nobel per la pace Nadia Murad e Denis Mutwege, durante una riunione tenutasi con il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres. Quest’ultimo si era schierato apertamente affinché

“la risposta globale [allo stupro come arma di guerra] [dovesse] garantire la punizione degli autori e il sostegno completo ai sopravvissuti”.

Tuttavia ciò non è bastato.
La risoluzione è effettivamente stata approvata, ma ogni riferimento ai “servizi sanitari”, nonché alla “salute sessuale e riproduttiva” delle donne vittime di stupro in conflitto è stato rimosso. Gli Stati Uniti hanno dunque riportato un’effettiva vittoria, indebolendo notevolmente il portato della risoluzione. In questo modo il documento risulta del tutto depotenziato, non garantendo alle vittime di stupro il ricorso all’interruzione di gravidanza. Inoltre la risoluzione risultava già privata della parte relativa all’istituzione di un nuovo meccanismo di monitoraggio e vigilanza delle violenze sessuali durante i conflitti. Parte rimossa a causa della posizione contraria non solo degli Stati Uniti, ma anche della Russia e della Cina.

Appare assurdo pensare dunque di tutelare le vittime di violenza sessuale durante un conflitto, senza poter garantire al contempo debite cure mediche in ambito sessuale e riproduttivo, specialmente si si considera con lucida attenzione come le vittime siano spesso oggetto di atroci mutilazioni, oltre che di aggressioni fisiche e psicologiche. Anche oggi, pertanto, non ci si può ritenete contenti, soddisfatti da uno strumento che avrebbe potuto offrire tutele, ma che appare fortemente depotenziato e non in grado di assicurare anche solo in parte di ristorare la salute di chi è stato o stata vittima di violenze sessuali durante una fase di guerra.

Per essere contenti e contente, servirebbe ben altro…

Gestazione per Altri: che cosa ha detto davvero la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo?

Come spesso accade quando si ha a che fare con temi scottanti sul piano morale o etico, le pronunce di organi di giustizia tendono a essere enfatizzate oltre ai loro reali limiti. In questo caso il riferimento va alla notizia, riportata dalle maggiori testate nazionali, secondo cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) avrebbe “stabilito il diritto” per i genitori d’intenzione di vedersi riconoscere un legame di filiazione verso il bambino nato all’estero da una gestante, da una “madre surrogata”. Non solo, ciò sarebbe avvenuto in una storica “pronuncia”.

Innanzitutto la Corte EDU ha pubblicato il solo comunicato stampa di quello che sarà un parere e non una sentenza. Si tratta di un elemento fondamentale, dato che la Corte ha esecritato proprio in questa occasione la sua nuovissima funzione consultiva. Una funzione prevista da Protocollo addizionale n. 16, entrato in vigore il 1° agosto 2018. In sintesi, dall’estate scorsa è possibile per le corti nazionali richiedere alla Corte Edu pareri in merito a questioni di principio riguardanti l’interpretazione o l’applicazione dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo… mentre la causa nazionale è ancora pendente davanti alla corte richiedente.

Al di là di questa parentesi più tecnica, quale Paese ha  depositato la prima richiesta di parere? È stata la Corte di Cassazione francese, con l’Arrêt n. 638 du 5 octobre 2018, in riferimento a un noto caso di Gestazione per Altri (GPA), riguardante la famiglia Mennesson. Un caso durato 15 anni e dai risvolti giudiziari molto complessi, al quale dedicherò un articolo a parte!

Per tornare alla notizia un po’ travisata, la Corte EDU ha dunque esposto nel comunicato stampa le proprie posizioni circa le due questioni sollevate dalla Corte di Cassazione francese. Quest’ultima ha posto le domande rispetto ai casi nei quali un bambino nato da GPA all’estero si veda riconosciuto il legame di filiazione con il padre d’intenzione (per cui ci sia un legame genetico tra padre e figlio), ma dall’altro sia stato concepito da una donatrice di gameti. In queste circostanze la Corte di Cassazione ha chiesto se:

  1. il diritto al rispetto della vita privata (art. 8 della CEDU) del bambino implichi che sia riconosciuto anche il legame di filiazione con la madre d’intenzione, in qualità di madre legale... e la Corte EDU ha risposto in senso positivo.
  2. il diritto al rispetto della vita privata del bambino permetta di riconoscere il legame di filiazione con la madre legale attraverso l’adozione del bambino e non con la trascrizione diretta dell’atto di nascita formato all’estero.. e la Corte EDU ritiene che il diritto del bambino possa essere tutelato anche attraverso l’adozione!

Questo significa che no, la Corte EDU non ha sancito e creato un nuovo diritto attraverso una sentenza (cosa per altro impossibile)! La Corte non apre in alcun modo al diffondersi della pratica della GPA in modo incondizionato in Europa, ma si limita a valutare l’impatto di determinate norme nazionali sullo stato di salute dei diritti di un bambino nato da GPA all’estero. In ogni caso, per approfondire le ragioni della Corte sarà necessario attendere la pubblicazione del parere nella sua integralità… anche nell’attesa di scoprire la forma definitiva della riforma delle leggi di bioetica in Francia!